La battaglia di Azincourt (o di Agincourt per gli inglesi[1]) si svolse presso Azincourt, località nel dipartimento del Passo di Calais nella regione del Nord-Passo di Calais il 25 ottobre 1415 nell'ambito della Guerra dei cent'anni, e vide scontrarsi le forze del Regno di Francia di Carlo VI contro quelle del Regno d'Inghilterra di Enrico V.
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In virtù della decisiva vittoria riportata dagli inglesi è considerata uno dei momenti più cupi della storia della Francia[2] e al contrario uno dei più fulgidi della storia dell'Inghilterra.
Antefatto[]
Enrico V e Carlo VI[]
Re Enrico V d'Inghilterra divenne sovrano del Regno d'Inghilterra il 20 marzo del 1413, quando aveva quasi ventisei anni. Dotato di un profondo senso del dovere e attorniato da un'aura cavalleresca, Enrico rappresentava l'archetipo ideale di re medievale, ed era ansioso di farsi onore sul campo di battaglia, onde rinnovare le vittorie del secolo precedente ottenute dal predecessore Edoardo III sulla corona di Francia. Al tempo della sua ascesa al trono (1413), Enrico risolse celermente la questione dei Lollardi e represse una congiura nobiliare contro la persona del sovrano. Il sovrano pensò bene di trovare una soluzione che non solo avrebbe giovato al morale della popolazione, ma unito il suo regno e rafforzato la popolarità della dinastia di Lancaster su tutto il territorio, vale a dire una vittoriosa campagna contro la Francia.
Dapprima, nello stesso anno (1413), Enrico ottenne l'alleanza del duca di Borgogna, Giovanni Senza Paura[3] e quindi, forte dell'alleanza con Giovanni, nell'agosto del 1414, Enrico avanzò delle richieste talmente oltraggiose che il governo francese non poté accettare. In breve Enrico chiedeva: la corona di Francia; i feudi angioini dei plantageneti, incluso il ducato di Normandia e parte della Provenza; la parte del riscatto del re francese Giovanni II (catturato a Poitiers nel 1356), non ancora pagata, ed infine la mano di Caterina figlia del re di Francia, Carlo VI. Per la Francia non poteva esserci un momento storico peggiore. Il governo di Carlo VI, detto "il folle" per la malattia mentale che l'affliggeva, aveva portato il paese in uno stato di totale anarchia dove Armagnacchi e Borgognoni si contendevano il potere in nome del demente sovrano.
La guerra civile francese[]
I negoziati tra i due paesi rivali si interruppero e Enrico continuò[4] a preparare l'invasione della Francia.
La spedizione fu preparata con cura, era stata predisposta una grande quantità di materiale bellico (macchine d'assedio, pezzi d'artiglieria e pontoni e anche armature e armi, immagazzinate dentro a delle botti) raccolto dai provveditori reali, nei magazzini di Londra. Enrico però, per dichiarare guerra aveva bisogno di un grande esercito e di una grande flotta, mentre nel momento in cui lui salì al trono aveva a disposizione una piccolissima flotta di sole sei navi; dopo due anni riuscì comunque a farle diventare il doppio con la costruzione di navi presso i cantieri di Southampton, ma non erano ancora abbastanza per occupare i porti francesi: dovette acquistare diverse imbarcazioni dall'Olanda, e così riuscì con gli sforzi di tutte le città del Regno a mettere assieme una buona flotta. Risolto il problema della flotta bisognava allestire l'esercito: convocò i nobili del regno che dovevano rispondere alla chiamata alle armi e reclutare piccoli contingenti nei loro castelli, inoltre emanò una coscrizione temporanea in modo da reclutare milizie e volontari a sue spese per un periodo. L'esercito però era ancora insufficiente, e così il Re Enrico chiese aiuto alle città del regno che potevano offrire un po' di soldi, in cambio Enrico avrebbe dato la Corona del defunto re Riccardo II e Londra mise assieme 10.000 sterline, ma la corona di Riccardo II andò invece al comune di Norfolk, che diede alle casse dello stato 1000 sterline.
Inoltre alla chiamata dovevano rispondere anche frati, preti, abati e vescovi insieme a tutti i componenti del clero e fu imposta una tassa al popolo (compresi i mercanti stranieri anche loro obbligati a pagare questa tassa) per l'allestimento dell'esercito per la Campagna contro l'odiata Francia. Alla fine il Re Enrico mise assieme un esercito di 12.000 uomini d'arme e 20.000 cavalieri (nella battaglia di Azincourt ne arrivarono solo 6000 di quelli partiti dall'Inghilterra). E così Il 13 agosto 1415, la flotta inglese arrivò a Cap de la Hève, alla foce della Senna, nei pressi di Le Havre, il 14 l'esercito inglese era sbarcato e alcuni giorni dopo mise l'assedio a Harfleur, porto che avrebbe, una volta conquistato, funto da base per il suo esercito. Contro ogni aspettativa la popolazione di Harfleur si era preparata al lungo assedio che avrebbe attuato l'esercito inglese, rinforzate le mura e allagata la pianura circostante, costringendo l'esercito della corona ad un duro assedio. Col passare del tempo, tanto tra gli assediati quanto tra gli assedianti, iniziava a scarseggiare il cibo. Inoltre l'aria poco salubre delle paludi, il duro lavoro imposto ai soldati per costruire avamposti per l'attacco e trincee, e per i francesi apprestamenti difensivi (la popolazione era spesso chiamata a ricostruire le mura della città rovinate dai colpi d'artiglieria), le umide notti, iniziarono a far pagare pegno con epidemie di febbri e dissenteria che devastarono sia l'esercito inglese che i difensori e la popolazione.
Il 22 settembre 1415 la città cadde e, dopo alcuni giorni, re Enrico decise, contro il parere[5] di tutti, di proseguire la sua marcia verso Calais, dove avrebbe voluto svernare. Lasciato un contingente di 1200 uomini a difendere Harfleur, il re iniziò la propria marcia con un contingente di circa 6000 uomini, di cui 5000 arcieri e solo 1000 uomini d'arme (per Alfred Coville erano 13.000 soldati).
Nel frattempo, conti, duchi, signorotti e nobili di tutta la Francia, avevano risposto alla chiamata alle armi fatta dal Delfino di Francia e dal re; ma l'esercito, anche se numericamente ben fornito (valutato dallo storico Alfred Coville sulle 50.000 unità)[6], si era riunito presso la città di Rouen, solo ad ottobre, e le forze giunte sotto la guida dei duchi di Berry, d'Alençon, di Borbone e d'Angiò, si riunirono sotto il comando del connestabile di Francia, Carlo I d'Albret.
La battaglia[]
Durante la marcia dell'invasore verso Calais, l'esercito francese cercò più volte, senza apprezzabili risultati, di tendere imboscate che indebolissero fino alla distruzione l'esercito inglese, che, arrivato in Piccardia, si trovò di fronte l'armata francese.
Nonostante il parere negativo del duca di Berry[7], i nobili francesi approvarono, non senza disaccordi, un attacco frontale che annientasse il nemico.
Due araldi vennero inviati ad Enrico dai nobili francesi, essi riferirono al re che dal momento che lui era venuto a conquistare il loro paese, i francesi l'avrebbero combattuto in qualsiasi luogo e momento. Enrico replicò dicendo che avrebbe proseguito la propria marcia verso Calais e che i francesi avrebbero ostacolato la sua marcia a loro rischio e pericolo, poi ricompensò gli araldi con dell'oro e accampò il proprio esercito nella cittadina di Maisoncelle. All'alba del 25 ottobre 1415, giorno di San Crispino e Crispiniano, i due eserciti cominciarono a schierarsi. I francesi schierarono il loro esercito nella pianura adiacente tra Azincourt (Agincourt)[1] e Tramecourt, come per sbarrare la via verso Calais; ordinato su tre file di uomini, lo schieramento francese prevedeva l'utilizzo di uomini d'arme appiedati al centro, sostenuti da arcieri e balestrieri e, ai lati, formazioni di cavalleria pesante.
Dal canto suo, Enrico V, schierò in tre piccole formazioni gli uomini d'arme capitanate dal duca di York, da Lord Camoys e dal re in persona. Gli armigeri vennero rafforzati dagli arcieri che, in formazioni triangolari, andarono a comporre una linea d'attacco leggermente concava.
Alle undici del 25 ottobre del 1415, si iniziò la battaglia. Il re ordinò al vecchio Maresciallo sir Thomas Erpingham di dare le ultime disposizioni ai suoi, quindi urlò : «Avanti o bandiera! In nome di Dio Onnipotente, e che San Giorgio sia oggi il tuo aiuto!». Ogni inglese si inginocchiò, si fece il segno della croce, baciò la terra e se ne mise una zolla in bocca (?), poi cominciò il rullo dei tamburi e la lenta avanzata. I francesi nettamente superiori per numero, convinti di dettar le regole del gioco, erano ora disorientati. Giunti a 200 metri dalle forze francesi, gli arcieri del re iniziarono a piantare una serie di pali appuntiti nel terreno fangoso e una volta posizionati iniziarono a riversare frecce sui francesi. La cavalleria francese provò a controbattere, ma le condizioni del terreno e la pioggia di dardi rendevano difficile la corsa dei cavalieri che, in più, giunti alle palizzate erano facili vittime del nemico. La grande colonna dei cavalieri appiedati invece avanzava molto lentamente nel fango. Solo un attacco frontale andò a un fine e fece indietreggiare le linee inglesi, ma per poco.
Enrico passò all'offensiva e dopo un'altra ondata di frecce, ordinò una carica generale, alla quale si unirono anche gli arcieri equipaggiati con armature leggere e nell'imbuto che si era creato caddero migliaia di soldati francesi tra i quali centinaia di nobili, conti e duchi di tutte le parti della Francia, molti morirono subito, altri vennero catturati e uccisi, oltre che per paura di ritorsioni future, anche e soprattutto per la precaria situazione che vedeva i pochi inglesi timorosi che, ad un eventuale contrattacco francese, portato da forze fresche o dalla riorganizzazione di quelle in rotta, i numerosi prigionieri potessero raccogliere l'immensa quantità di armi sul terreno e sopraffarli. Infine, una parte del grande esercito francese (composto, a seconda delle stime, da 10.000 fanti e 8.000 cavalieri oppure da un totale di 25.000 uomini o, secondo il Coville, da 50.000 uomini), segnatamente la terza linea, disertò ingloriosamente in massa, dopo aver visto il tragico destino delle due linee che la precedevano, e si disperse nella boscaglia. Questo però lasciò agli inglesi il dubbio che potesse trattarsi di una manovra di aggiramento ed il successivo attacco al campo inglese, in realtà una semplice opera di brigantaggio priva di qualsivoglia intento tattico, del signore di Azincourt che si impossessò persino della corona di Enrico, fece davvero temere che tale aggiramento fosse in atto. In effetti Enrico, vista l'esiguità delle sue forze ed il grande numero di francesi in rotta, ebbe ancora per diversi giorni il timore di un secondo attacco nemico che avrebbe potuto capovolgere l'esito della battaglia.
Alle quattro del pomeriggio la battaglia era già finita con un disastro francese. Morirono, combattendo per la Francia, dai 7.000 ai 15.000 uomini tra cui il connestabile di Francia, Carlo I d'Albret, e il fratello di Giovanni Senza Paura, Filippo Conte di Nevers, mentre caddero prigionieri, oltre ad uno dei comandanti sul campo, Jean II Le Meingre, il capo della fazione degli armagnacchi, il duca d'Orleans Carlo, e l'altro fratello di Giovanni Senza Paura, Antonio Duca del Brabante,[8] che poi fu ucciso con altri prigionieri[9] francesi. Fu una grande vittoria, ed Enrico V ben presto replicò le sue pretese.[10] Nella battaglia andò perso anche l'Orifiamma, lo stendardo di guerra francese che era stato usato dai re di Francia sin dal XII secolo. Prima della battaglia era stato consegnato a Guillaume Martel, che lo portò sul campo di battaglia e dopo la sua morte non fu più ritrovato.
La Francia aveva peccato di presunzione sentendosi più forte nel numero e fidando nei suoi uomini più importanti, che poi finirono in rovina, l'Inghilterra ebbe lustro grazie all'ingegno di Enrico V, che fu ammirato in tutta Europa.
La strategia nella battaglia di Azincourt[]
Enrico V era solito organizzare l'esercito in tre divisioni prima dell'inizio di ogni battaglia, ma ad Azicourt non adotto' il solito schieramento: invece di dividere l'esercito in tre parti, decise di organizzare linearmente il suo esercito, infatti le tre schiere di fanti erano protette lateralmente da due grandi contingenti di arcieri (circa 2/3 dell'esercito inglese era costituito dai celebri arcieri inglesi con il loro formidabile arco lungo). Una strategia che risultò decisiva fu l'ingegnosa idea di fissare nel terreno dei pali di legno lunghi circa 2 metri (frangicarica), per frenare gli attacchi della potente cavalleria francese. L'esercito francese invece aveva adottato il classico schieramento: avanguardia, corpo centrale e retroguardia. Nell'avanguardia francese vi erano i comandanti Boucicaut e D'Albert. I due schieramenti si trovarono faccia a faccia fino dalle otto del mattino; dopo due ore Enrico decise di avanzare poiché l'esercito francese non attaccava, benché questa avanzata potesse far rompere momentaneamente lo schieramento.
Nonostante ciò i francesi non ne approfittarono per attaccare e permisero agli inglesi di avanzare fino a 300 metri dalle loro linee. Al momento in cui i due schieramenti furono più vicini fra loro, gli inglesi bersagliarono l'esercito francese con una pioggia di frecce: i francesi si ritrovarono avvolti da una quantità immane di dardi che coprivano il cielo della piana di Azincourt e l'esercito francese ne uscì molto indebolito. A questo punto i Francesi si iniziarono le cariche frontali nonostante fossero sotto il tiro degli arcieri inglesi che avevano adottato una formazione a cuneo, inoltre la cavalleria non solo fu bloccata dalle frecce, ma anche dal fango che limitava i movimenti e soprattutto dalle palizzate costruite dagli inglesi. La cavalleria in breve tempo andò in rotta e fu costretta alla ritirata, così come accadde alla fanteria che fu bloccata prima dagli arcieri e poi caricata dai 1000 fanti inglesi. Inoltre la rotta della cavalleria impedì una possibile manovra di accerchiamento.
Inoltre la rotta della cavalleria lasciò scoperte le ali dell'esercito francese e dopo che fu indebolita anche la fanteria, finite le munizioni, gli arcieri inglesi lasciarono gli archi per affrontare il resto dell'esercito francese nel corpo a corpo. I francesi nonostante l'impressionante superiorità numerica diedero prova di una mediocre strategia che non riuscì a bloccare gli Inglesi. Il re Enrico V fu assalito da 18 borgognoni che giurarono di rubargli la corona, ma furono tutti uccisi grazie al coraggio dimostrato dallo stesso re inglese. Morirono circa 15.000 francesi compreso il comandante Charles D'Albert. Il massacro durò tre ore e furono catturati anche molti prigionieri francesi. Gli Inglesi separarono i nobili dagli altri combattenti, mentre i feriti gravi venivano uccisi. I nobili superstiti furono decapitati a Calais o deportati in Inghilterra. Tra questi ultimi c'era il maresciallo Boucicault, il più famoso cavaliere europeo, che perì durante la prigionia. Dopo la battaglia vittoriosa Enrico V fu riconosciuto come erede al trono di Francia e la guerra sembrava finita.
Considerazioni conclusive[]
I cronisti espressero ed esprimono ancora oggi la loro meraviglia che un assalto di pochi uomini, di cui molti con armature leggere, abbia messo in fuga un notevole numero di cavalieri appiedati.
Le cause principali della sconfitta francese ad Azincourt furono dovute a che la linea di combattimento francese, prima l'avanguardia e poi la retroguardia:
- era stata crivellata dalle frecce,
- era affondata nel fango e si muoveva a stento
- era stata soggetta ad una lunga attesa (era iniziata già all'alba) della battaglia dentro armature pesanti e poco pratiche.
Una seconda considerazione va fatta sulla marcia di circa un miglio che la cavalleria appiedata francese fece nei campi arati di fresco e resi molli dalla pioggia insistente; quando i cavalieri appiedati arrivarono a contatto col nemico erano stremati e quasi affogati nel fango, non si reggevano quasi più in piedi, mentre gli arcieri e gli alabardieri dell'esercito inglese, armati alla leggera, potevano correre.
Infine l'ultima considerazione riguarda la tattica francese che ripeté l'errore già fatto da Giovanni II di Francia a Poitiers, la cavalleria appiedata dietro un corpo scelto di cavalleria, che doveva attrarre l'attenzione degli arcieri, permettendo al resto dell'esercito di arrivare a un corpo a corpo; a Poitiers non avvenne, mentre qui ad Azincourt avvenne a scapito dei cavalieri francesi.
Per concludere la tattica combinata inglese, picche-archi, con due lunghe ali di arcieri e un nucleo centrale di cavalleria appiedata completamente equipaggiata e munita di lunghe lance e solo un piccolo gruppo di cavalieri montati, che aveva cominciato a dare i suoi frutti nella battaglia di Dupplin Moor (vicino alla capitale scozzese, Perth), contro gli scozzesi, nel 1332, dopo Halidon Hill (Berwick-upon-Tweed), nel 1333, Crécy, nel 1346 e Poitiers, nel 1356, continuava ad essere vincente anche ad Azincourt, dopo più di ottant'anni.
Va notato che l'esercito francese era superiore a quello inglese sotto ogni punto di vista, nel vettovagliamento, nell'armamento difensivo (più pesante e moderno), nell'equipaggiamento, nelle monte da cavalleria, persino nel numero delle armi da tiro e delle fanterie leggere (concentrate però soprattutto nella terza ondata e non impegnate in battaglia). Anzi l'esercito francese aveva anche un piccolo numero di cannoni che spararono una singola salva all'inizio della battaglia (uccidendo, pare, un unico arciere gallese). Quello che veramente mancò non fu tanto una tattica vincente, oppure un armamento superiore, quanto un comando capace di sfruttare gli errori fatti dagli inglesi nelle settimane e nelle ore che precedettero la battaglia e le opportunità che potevano essere sfruttate (si pensi solamente al fatto che gli inglesi, dopo alcune ore d'attesa, spostarono le loro linee avanti di quasi 300 metri, portandole a soli 200 metri da quelle francesi, completamente indisturbati). Uno dei motivi di questa inazione era la divisione (anche politica) dell'aristocrazia francese, unita alla scarsissima disciplina della cavalleria. Molti degli attacchi francesi, ed in particolare la prima carica di cavalleria sulle ali, potrebbero essere avvenuti senza un preciso ordine da parte del connestabile, anche i marescialli di Francia non ebbero alcun peso sugli scontri, non vi era una linea di comando chiara ed inequivocabile, ogni Conte, Duca e Marchese partecipò alla battaglia con il suo seguito e desiderando essere posto in prima fila, anzi la lite per stabilire la precedenza nel combattimento, se pure è una dimostrazione del grande coraggio e dello spirito combattivo dell'aristocrazia francese, ritardò l'inizio della battaglia e causò il ritirarsi in terza linea delle "proletarie" milizie parigine, composte in gran parte da tiratori (arcieri e balestrieri) e delle milizie piccarde (arcieri, di qualità inferiore a quelli britannici, ma numerosi) e bretoni (alabardieri e armati di mezza-picca), che sarebbero stati utilissimi nella fase iniziale dello scontro.
Questo desiderio di mostrare il proprio valore, determinò un effetto paradossale e disastroso anche dopo il fallimento della carica della cavalleria francese. Difatti la fanteria francese era per lo più composta da cavalieri smontati, che cercavano anch'essi di mostrare il proprio coraggio e cercare un avversario del loro livello con cui duellare. Seppur superiori di numero, i fanti francesi furono prima ostacolati dalla loro stessa cavalleria in rotta, che ne scompaginò le fila, e poi dal loro desiderio di primeggiare in un duello con i pari rango Inglesi (che si trovavano al centro dello schieramento). Questo creò un effetto imbuto ed un vero e proprio "ingorgo". I cavalieri francesi, pesantemente corazzati si trovarono a convergere tutti verso il centro della formazione avversaria, spingendo gli altri cavalieri per arrivare in prima fila a combattere. Questo ne determinò la rovina: pressati da dietro e dai lati dai propri commilitoni, le prime file non riuscivano quasi a muoversi e furono massacrate dagli arcieri gallesi e inglesi che, in barba a qualsiasi ideale cavalleresco, affrontavano i singoli cavalieri a gruppi di 3-4 per volta attaccandoli ai fianchi con qualsiasi tipo di arma: dalle daghe, alle asce, ai martelli usati per piantare nel suolo i tronchi delle barriere. [11]
In pratica le stesse dimensioni dell'esercito francese ne determinarono la sconfitta, trasformandolo in una massa troppo grande per poter essere convenientemente gestita, soprattutto per l'irrazionalità insita in un'armata priva di disciplina e di una catena di comando efficace.
Azincourt oggi[]
Vedi anche l'articolo "Azincourt" sulla Wikipedia in italiano
La cittadina di Azincourt è situata a 75 chilometri sud-est da Calais a lato della strada D928. Il museo della battaglia è nel municipio del paese e contiene alcuni contributi audio-visivi e sono esposte alcune repliche di armature dell'epoca. A 4,5 chilometri dal paese è presente il sito dello scontro segnalato da un monumento commemorativo costruito nel XIX secolo, nei pressi delle fosse di sepoltura dei soldati a lato della strada che collega Azincourt a Tramecourt.[12]
Note[]
- ↑ 1,0 1,1 Non va confusa con la località omonima di Agincourt situata nel dipartimento della Meurthe e Mosella
- ↑ Alla battaglia prese parte anche il Maresciallo di Francia, già governatore della Repubblica di Genova, Jean II Le Meingre detto "Boucicault".
- ↑ Nello stesso tempo Giovanni Senza Paura rassicurava il re Carlo VI di Francia, nei rari momenti di lucidità, che non aveva preso alcun impegno con Enrico V d'Inghilterra.
- ↑ Pare che i preparativi fossero in corso già nel 1414, ed erano continuati anche durante i negoziati, mettendo in luce la cattiva fede di Enrico V.
- ↑ La stagione volgeva al brutto ed un trasferimento con la pioggia ed il freddo non era consigliabile e poi l'attraversamento della Somme a Nesle poteva essere pericoloso.
- ↑ L'esercito francese avrebbe potuto essere ancora più numeroso se fosse stato accettata l'offerta di aiuto di Giovanni Senza Paura, che fu respinta per paura che volesse impadronirsi del potere, e forse anche perché si sapeva che trattava anche con Enrico V.
- ↑ Il terreno era troppo fangoso, perché era appena stato arato ed aveva piovuto tutta la notte, quindi inadatto per la cavalleria.
- ↑ Antonio fu tra i prigionieri uccisi perché non fu riconosciuto e quindi non valutato per quanto riscatto poteva valere, poiché non indossava i suoi colori abituali.
- ↑ L'ordine di sopprimere i prigionieri sembra fosse stato dato dal re d'Inghilterra, Enrico V, perché, come detto, i prigionieri erano troppi da controllare e aveva ricevuto notizia dell'attacco al suo campo da parte di non precisate forze francesi.
- ↑ Nel 1420, ottenne la sospirata nomina a erede del trono francese.
- ↑ Antonio Scurtari, "Guerra : narrazioni e culture nella tradizione occidentale", Donzelli editore, Roma, 2003.
- ↑ Bennett Mattew, Agincourt 1415, un trionfo contro ogni probabilità, Ed. del Prado, 1999, pg89
Bibliografia[]
- Bernard Cornwell L'arciere di Azincourt, Longanesi ISBN 978-88-304-2714-3
- John Keegan, Il volto della battaglia, Il Saggiatore ISBN 88-428-1129-7
- Cau, Paolo. Battaglie, Giunti ISBN 88-09-04459-2
- A. Coville, "Francia: armagnacchi e borgognoni (1380-1422)", cap. XVII, vol. VI (Declino dell'impero e del papato e sviluppo degli stati nazionali) della Storia del Mondo Medievale, 1999, pp. 642–672.
- K.B. Mc Farlane, "Inghilterra; i re della casa di Lancaster, 1399-1461", cap. XIII, vol. VII (L'autunno del Medioevo e la nascita del mondo moderno) della Storia del Mondo Medievale, 1999, pp. 445–508.
- Charles Oman, "L'arte della guerra nel XV secolo", cap. XXI, vol. VII (L'autunno del Medioevo e la nascita del mondo moderno) della Storia del Mondo Medievale, 1999, pp. 792–810.
Voci correlate[]
- Elenco di duchi di Borgogna
- Storia della Francia
- Elenco di monarchi francesi
- Elenco di monarchi inglesi
- Imperatori del Sacro Romano Impero
- Guerra dei cent'anni
- Enrico V d'Inghilterra
- Edoardo di Norwich, II duca di York
- Dafydd Gam
- Thomas Erpingham
Altri progetti di Wikimedia[]
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Fonti[]
Voce Battaglia_di_Azincourt di Wikipedia in italiano (base per questa voce)